CHIAMIAMOLO TEMPLAR'S CREED!
- Connor1991
- 31 ott 2020
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 26 feb 2021

Avanti tutta a vele spiegate con il terzo articolo incentrato sulle maggiori critiche che il fandom di Assassin's Creed da anni propina nei confronti dei più disparati capitoli del franchise. Questa ennesima stesura che sicuramente non sarà di gusto per molti lettori si incentra su Assassin's Creed: Rogue, settimo capitolo principale del franchise anch'esso soggetto alla più classica dei giudizi: non è un Assassin's Creed.
Anche stavolta vogliamo prendere in esame il gioco in questione e verificare se quanto detto sopra sia veritiero, sciogliendo una volta e per sempre l’arcano dubbio. Prima di cominciare premettiamo nuovamente che quanto segue non è da intendersi come opinione personale, bensì come analisi oggettiva dei fatti, e di conseguenza insindacabile nel suo contenuto. Chiunque voglia provare a confutare quanto segue è liberissimo di farlo. Detto ciò, possiamo cominciare.

Sebbene la moda di imputare ai capitoli principali un loro non essere degli Assassin's Creed abbia raggiunto il suo apice solamente nell'ultimo triennio con la nuova deriva da gioco di ruolo assunta nella trilogia di Layla, già nel lontano 2014 si era abbattuta sull'avventura di Shay Cormac, per motivi che sono alquanto semplici: se tradotto letteralmente il titolo di gioco significa Il Credo dell'Assassino allora impersonare un Templare non lo rende parte del brand. Sulla base di questa assunzione il gioco doveva essere trattato alla stregua di uno spin-off e secondo alcuni scherzosamente re-intitolato Templar's Creed - il caso è analogo a quello di Assassin's Creed: Odyssey trattato nell’articolo dedicato. Inutile dire che il suddetto capo di accusa è estremamente superficiale e, voglia il mondo autoriale perdonare il termine, ridicolo.
Volendo estenderci ad un discorso più generico, potremmo dire che queste concezioni sono figlie di un morboso attaccamento del fandom all'iconografia della serie, ovvero a tutto ciò che visivamente la rende riconoscibile in quanto Assassin's Creed. Per spiegare meglio: quando un fan acquista un prodotto legato ad un brand si aspetta inevitabilmente di incontrare una serie di elementi che sono caratteristici ed esclusivi di quello specifico franchise; nel caso di un Assassin's Creed ci si aspetta in linea generale di impersonare un Assassino armato di lama celata, capace di eseguire un salto della fede, abbigliato con cappuccio e fedele al Credo.
Tutto ciò che tendenzialmente non ricade in questi canoni viene considerato esterno all'iconografia classica della serie, e di conseguenza non parte della stessa; i casi più lampanti sono proprio quelli di Rogue e Odyssey, due capitoli più o meno anticonvenzionali proprio perché lontani dall'idea che il fan generalista ha del franchise. Lo stesso design iniziale di Shay Cormac inizialmente ricalcava molto quello di un Assassino pur essendo dello schieramento opposto, in quanto il personaggio era munito di cappuccio che venne successivamente rimosso dal render finale.

Per riassumere, questa sorta di ossequio verso le icone più caratteristiche del brand, come l'essere un Assassino o avere un cappuccio, viene spesso assunto come metro di giudizio dai fan per determinare se un capitolo specifico possa essere considerato o no un Assassin's Creed.
Ciò che molti appassionati non capiscono è che questo franchise non è assolutamente la sua iconografia. Per dirla in termini più semplici, Assassin's Creed non è relegabile ad una lama celata o ad un cappuccio, e non necessariamente deve avere un Assassino come protagonista. Questo franchise è le sue numerose storie. Storie di uomini e donne che a loro volta si inseriscono nel mosaico di una storia più grande: una guerra ideologica tra Confraternita e Ordine scaturita dal lascito degli Isu e durata per tutta la storia umana sulla Terra, che noi giocatori viviamo mediante una peculiare dualità tra presente e passato mediante una macchina chiamata Animus.
Le sue storie, i suoi personaggi, le sue tematiche, la sua lore. Questo è Assassin's Creed.
Sulla base di questo teorema risulta alquanto ovvio che le possibilità narrative siano infinite, e che finché presenteranno quei tratti imprescindibili elencati sopra il capitolo in questione potrà definirsi Assassin's Creed; impersonare un Templare come Shay e accompagnarlo nella distruzione della Confraternita coloniale non fa di certo eccezione alla regola. Al contrario, le avventure del cacciatore di Assassini hanno contribuito a rinforzare e variegare ulteriormente le sfumature di questo articolato conflitto ideologico tra Credo e Nuovo Ordine Mondiale, portandoci per la prima volta nella trincea della croce e consolidando il bene che c'è nell'ideologia dei Templari.
Rogue infatti porta all'apice il processo di ingentilimento dei Templari, che già in Assassin's Creed: Revelations si erano allontanati dalle brame di potere e dominio che furono della famiglia Borgia. La trilogia americana infatti mette in luce quanto la filosofia dei Templari sia, come quella dei loro nemici giurati, votata a costruire un mondo di pace, ma secondo mezzi diametralmente opposti: ordine, regole e la loro assoluta egemonia. D'altro canto il gioco ci permette anche di capire come non sempre gli Assassini perseguano le vie migliori, e che se affetti da superbia e arroganza, come nel caso di Achille Davenport, possano rivelarsi un pericolo mondiale.

Personaggi di supporto come Haytham Kenway e George Monro contribuiscono a mettere in buona luce l'operato dei cavalieri, mentre nel presente Juhani Otso Berg ricalca ulteriormente i nobili scopi dell'Ordine riesaminando personaggi che in passato hanno tradito la Confraternita per inclinarsi al fronte opposto: le azioni di Al Mualim o Vali cel Tradat vengono quindi riportate in un'ottica più comprensibile e accettabile. Queste rinnovate sfumature nel conflitto ideologico tra le due fazioni vengono poi contestualizzate in una storia più personale, fatta di amicizia e pentimento. Per tutto il corso della trama principale possiamo osservare il rammarico di Shay nel dover braccare e uccidere i suoi vecchi confratelli e la sua conseguente crescita come Templare; il personaggio in sé rappresenta un po' la divisione tra le due ideologie. Ciò che però rende Rogue un Assassin's Creed a dir poco straordinario è la sua immane quantità di lore.
L’ottavo capitolo infatti è stato concepito come tassello che completi la saga americana nella sua interezza, raccontando il periodo compreso tra Black Flag e Assassin's Creed III.
Mediante espedienti come le Lettere di guerra il gioco ci racconta di come sia nata la Confraternita coloniale grazie all'operato di John de la Tour e Achille, che era stato mandato in quelle terre da Ah Tabai in persona allo scopo di esportarvi il Credo. Ancora, le lettere forniscono importanti background di personaggi come Madelaine de L'Isle e Rafael Joaquín de Ferrer, ponendo l'accento sulla loro carriera all'interno dell'Ordine e su come quest'ultimo fosse organizzato in vari Riti sparsi per tutto il mondo.

Oltre ad essere un capitolo importante per lo sviluppo delle tematiche centrali del brand, Rogue contribuisce a coprire uno dei maggiori buchi di trama esistenti a quel tempo, collegandosi infine con Assassin's Creed: Unity nel corso del suo gran finale. Come si potrebbe pertanto non definirlo parte integrante del franchise, se non addirittura uno dei suoi capitoli di maggior importanza, quasi un punto di svolta?
Risposta: non si può. È innegabile che le avventure di Shay Cormac ricadono a pieno titolo dentro la testata Assassin's Creed costituendone una parte molto importante, specie in virtù del consolidamento di importanti temi guida del brand.
Una comprensione adeguata del franchise che tutti amiamo prescinde anche un allontanamento da concetti legati alla sua iconografia, per una maggior tensione verso quelli che sono i suoi temi guida, vero nucleo caratterizzante del mosaico narrativo. Sotto quest'ottica, negare che Rogue sia un Assassin's Creed significa non averci capito nulla dello stesso.
Ringraziamo come sempre tutti i lettori giunti a fine articolo.
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