ASSASSIN'S CREED: VALHALLA - LA NOSTRA RECENSIONE
- Il Salotto degli Assassini
- 13 mar 2021
- Tempo di lettura: 19 min
Aggiornamento: 15 mar 2021

Dodicesimo capitolo della serie principale, Assassin's Creed: Valhalla ci ha catapultato nel cuore dell'era espansionistica dei vichinghi, con la Grande armata danese che nel IX secolo mise a ferro e fuoco i cinque grandi regni di Inghilterra. Tra arcani misteri finalmente risolti e qualche nodo venuto al pettine, questa epica saga ci ha tenuto incollati allo schermo per almeno un centinaio di ore a testa.
La presenza di un team di sviluppo abbastanza autorevole e il materiale della campagna pubblicitaria, hanno in un certo senso contribuito a rassicurare i fan sulla grande qualità del gioco, che sembrava quasi promettersi come uno dei migliori capitoli in assoluto di tutto l'universo di Assassin's Creed.
Ma avrà veramente mantenuto questa promessa? Ciò che abbiamo osservato giocando è effettivamente riuscito ad appagare tutto l'hype accumulato in mesi e mesi di attesa? Lo scopo dell'articolo di oggi sarà proprio dare una risposta a questi interrogativi; dopo parecchi mesi di confronto, lo Staff del Salotto degli Assassini è pronto a darvi la sua recensione completa sull'ultima fatica di casa Ubisoft. Come di consueto, procediamo andando per punti.
Gameplay Mondo di gioco ed esplorazione
Senza ombra di dubbio, il culmine della svolta GDR viene raggiunta con questo capitolo, che da un punto di vista del puro gameplay si pone in una forma nettamente migliore rispetto a Odyssey e Origins, pur non tradendone lo spirito. Partiamo subito da ciò che ha reso celebre Assassin's Creed ai suoi albori, ovvero il suo rivoluzionario e ormai iconico free-roaming: passato il prologo in Norvegia, veniamo portati in mezzo alle selvagge lande dell'Inghilterra, in un vastissimo open-world riprodotto in scala per una estensione complessiva di circa 100 miglia.

Una dimensione più contenuta e dettagliata rispetto al capitolo greco, e che ha favorito un miglior bilanciamento tra la proporzione del mondo di gioco e la distribuzione delle attività secondarie. Inghilterra e Norvegia del periodo medievale rispettano lo standard qualitativo dei mondi di gioco a cui ci ha abituato Ubisoft, con una ricostruzione storica di luoghi e persone molto fedele, seppur macchiata da un po' di licenza poetica che potrebbe far storcere il naso ai puristi.
A farla da padrone sono rovine romane, diversità climatica e immense verdi pianure in cui potersi lanciare liberamente al galoppo; alla natura si contrappongono villaggi, templi in rovina e le tre città principali del gioco: Lunden, Winchaester e Jorvik. Seppur in netta inferiorità numerica rispetto alle polis greche, questi tre centri urbani sanno risultare visivamente molto più memorabili e diversificati rispetto a Sparta, Argo o Corinto. Cita infatti il nostro kingdomgio:
"Molto bella l'esplorazione a livello di ambienti. Sono tutti ben definiti e particolari, soprattutto le città, rispetto a Odyssey e Origins."
Se a Lunden vediamo un degrado socio-economico che incupisce l'atmosfera, tingendola di toni molto noir, d'altra parte Winchaester si mostra soleggiata, organizzata e in pace, specchio perfetto del regno del Wessex. A discostarsi di più è Jorvik, che con il suo manto di neve bianca ci porta nel cuore di una vera città vichinga in cui invasori e invasi cercano di coesistere in pace. Se a ciò combiniamo monumenti storici come il Vallo di Adriano, ne viene fuori un open-world di altissima qualità, e che continua a spingere sulla diversità se consideriamo ambienti come Vinlandia e Norvegia, o i suggestivi regni mitologici.

Ovviamente, il parkour castrato dalla svolta GDR non favorisce la spettacolarità nelle tanto care fasi di esplorazione verticale, ma una severa e schematica ramificazione di alberi e funi tra gli edifici prova a smorzare questa mancanza. Il gioco prova in ogni modo a non annoiare chi ne usufruisce, neanche durante le fasi a bordo delle drakar: la possibilità di ascoltare dei canti tipici norreni e delle storie di guerra alleggeriscono queste fasi tanto criticate in Odyssey.
Essendo tanto grande, il mondo di gioco deve ovviamente sapersi mantenere sul pezzo. Le side-quests si limitano ora a piccoli eventi della mappa, pensati non tanto come delle missioni effettive, ma più come un contrattempo nel viaggio di Eivor; si tratta di piccole interruzioni della nostra sessione di gioco che impegnano soltanto pochi minuti, spesso rubandoci un sorriso con una storia strampalata o un simpatico easter-egg.
Dice infatti il nostro Vultur:
"Le secondarie sono molto più belle rispetto a Odyssey, e sebbene anche in Valhalla il mondo di gioco sia molto molto grande non ne avverti la stessa pesantezza."
Ben distribuite sulla mappa anche le risorse, che aumentano di rarità man mano che si esplorano regioni più difficili; la raccolta dei lingotti e dei materiali si incastra benissimo con un sistema di potenziamento di armi e armature molto più leggero e compatto: siamo lontani dai ripetitivi e infiniti modelli di Odyssey, dato che qui ogni pezzo di equipaggiamento è unico in aspetto e statistiche. Più le risorse raccolte nel mondo di gioco sono rare, più armi e armature potranno essere migliorate in estetica e potenza. Tra l'apprezzabile e lo snervante il fatto che molte di queste materie prime si possano raccogliere risolvendo piccoli enigmi ambientali.

Il fatto che i massimi livelli possano essere raggiunti solo con le materie prime delle aree più forti incentiva molto all'esplorazione. Durante la campagna pubblicitaria era stato detto che andare a fondo nel mondo di gioco avrebbe ripagato in ogni singolo minuto speso; seppur leggermente esagerata, questa promessa è stata assolutamente mantenuta. Tutti i materiali e le risorse raccolte possono in definitiva essere investite nel miglioramento del protagonista o nell'espansione di Ravensthorpe, insediamento norreno nel cui sviluppo si centralizza l'intero gioco.
Accrescere il proprio villaggio aiuta i problemi logistici di Eivor legati a denaro o risorse particolari, grazie ai numerosi talenti dei suoi abitanti - seppur alla lunga Ravensthorpe potrebbe dare una sensazione di inutilità. Fiore all'occhiello del mondo di gioco sono ovviamente i misteri e i mini-giochi: una gara di bevute, un match a Orlog o un canzonamento rappresentano piacevoli distrazioni dalla nostra avventura, in grado anche di mettere alla prova la nostra pazienza: non è stato per nulla facile risolvere alcuni cairn o alcuni menhir di Brandano di Clonfert.
Nel bene e nel male, non si può assolutamente dire che Valhalla sia noioso e ripetitivo nella sua offerta di attività, specie se ad accompagnarle c'è una colonna sonora da brivido. Brani di Einar Selvik come Words of the Raven e Kingdom of Wessex hanno favorito la migliore delle immedesimazioni nello scenario.
Combattimento e stealth
Sappiamo tutti molto bene che il combat system è sempre stato uno degli storici problemi della saga, criticato soprattutto per la sua incapacità di offrire una vera sfida al giocatore. La virata verso il genere dei giochi di ruolo è riuscita, sotto determinati aspetti, a risolvere questo problema, proponendo scontri basati su hit-box, schivata e parry; se in Origins ne abbiamo sperimentato una versione un po' acerba e da rifinire, in Valhalla vediamo finalmente un combattimento più rotondo e articolato.
Il ritorno del dual-wielding permette di creare combinazioni di armi che lasciano al giocatore alta libertà di personalizzazione del proprio approccio agli scontri, spesso cambiando anche il ritmo degli stessi. Una variabile molto importante del capitolo vichingo è infatti stabilita dal peso delle armi, che determinano la rapidità dei colpi. Come dice il nostro Ale Noc infatti:
"In base all'arma equipaggiata nella mano destra e nella sinistra cambiano anche le animazioni, e senti il peso di ciò che usi: usare uno spadone non è come usare un'ascia."

Il peso delle armi lo si avverte soprattutto nel momento in cui si infierisce brutalmente sui nemici inermi, e una menzione d'onore va fatta agli smembramenti, aggiunti finalmente dopo un decennio: a nostro parere, ciò contribuisce a marcare molto di più la classificazione PEGI del gioco, che dovrebbe sempre più porsi come un prodotto destinato solo ad un pubblico maturo - ovviamente è improbabile viste le ripercussioni economiche che ne scaturirebbero.
Ad ogni modo, complice un'articolato roster di nemici, il combattimento risulta appagante e dinamico. Ad ogni archetipo deve applicarsi una determinata strategia, dato che ognuno ha il suo stile di combattimento e delle proprie mosse esclusive: da chi può sputare fuoco a chi trattiene Eivor per permettere ad un altro nemico di infierire con un pugnale sulla drengr.
Nulla di troppo eclatante, ma questi piccoli passi avanti nell'IA dei nemici aumentano il numero di situazioni affrontabili. Non solo parate e brutali colpi d'ascia, ma anche abilità e talenti danno il loro contributo al combat-system. Partendo dalle prime, possono essere sbloccate solamente esplorando il mondo di gioco e trovando i cosiddetti Libri della Conoscenza, che divisi in due volumi permettono di sbloccare la singola abilità e il suo potenziamento. Le abilità in questione sono della più varia natura e si inseriscono in un'apposita ruota per come già visto in Odyssey.
La vera novità sono invece i talenti, ramificati in un albero di progressione incredibilmente vasto e diviso in tre sezioni fondamentali: Lupo, Orso e Corvo. Sono proprio i talenti a costituire il grosso della crescita del personaggio, dato che nell'albero in questione è possibile spendere i punti esperienza acquisiti giocando; verranno tradotti in punti maestria nel momento in cui tutti i talenti possibili saranno sbloccati.

Acquisire talenti aiuta ad aumentare la Potenza di Eivor, il nuovissimo parametro di riferimento che ci permette di capire se siamo più o meno pronti per una determinata quest o area del mondo di gioco.
Uno dei pregi di Valhalla consiste indubbiamente nell'aver eliminato la necessità del livellamento, legando la progressione a tutti gli investimenti che il giocatore effettua sul personaggio: più Eivor acquisisce talenti, abilità e attrezzature, più avremo possibilità di spuntarla con un nemico particolarmente ostico. Si tratta dunque di una crescita ben poco vincolante se paragonata ai due giochi precedenti, al punto che anche con uno scarto di 100 punti potenza è ancora possibile vincere un combattimento - a patto che il giocatore sia abile al punto giusto chiaramente.
Alcuni talenti riescono peraltro a creare combinazioni alquanto interessanti e spettacolari, senza dover interrompere più del necessario l'azione di gioco. Come dichiara infatti il nostro Connor1991:
"Più di una volta mi sono ritrovato a terminare una kill e subito dopo rispedire indietro un giavellotto con il dorsale sinistro, uccidendo infine un altro avversario con l'abilità del rampino. Sono incastri che funzionano e che non spezzano mai il ritmo degli scontri."

Dunque non è tanto nel comparto dello stealth o nel tiro con l'arco che si esprimono i talenti, bensì nel combattimento, rendendolo spettacolare, vario e ritmato grazie ai molteplici incastri che si possono trovare fra talenti, abilità, strategie e combo delle armi. Queste combinazioni sono ancora più gradevoli se proiettate nel contesto dei Raid e degli Assedi alle fortezze - anche se sugli ultimi ci saremmo aspettati un po' più di varietà.
Non tutto è oro quel che luccica: al netto di un perfezionamento evidente, il combattimento soffre ancora di imprecisioni nelle animazioni e nelle azioni dei nemici, errori che si manifestano in particolare durante le mini-boss fight sparse per il mondo di gioco. Le Figlie di Lerion, i Drengr perduti di Ragnar e gli animali leggendari riescono sicuramente ad elevare al massimo le prestazioni del nuovo sistema di combattimento, ma al contempo ne scoprono il fianco ai limiti.
Andiamo allo stealth, che forse è il punto più criticato di tutta la trilogia GDR: a detta di molti infatti, il cambio di genere ha sacrificato o addirittura annullato la parte più significativa del giocare ad un titolo di Assassin's Creed. Secondo il nostro modesto punto di vista non è mai stato così, visto che sbloccando le giuste abilità, pianificando e ponderando bene gli spostamenti, e soprattutto lavorando di arco e frecce, è possibile portare a termine con successo una qualunque infiltrazione. Veri e propri salva-vita in tal senso sono abilità come la Concentrazione delle Norne, che rallentando il tempo permette di ripulire velocemente un'intera area sfruttando l'arco, il tutto senza rovinare l'azione silenziosa.
Oltretutto Valhalla torna a sposare le filosofie dei capitoli più vecchi, riportando l'uccisione istantanea e il blend-into-the-crowd tipico degli Assassini: data l'ostilità fra sassoni e vichinghi, Eivor sarà costretta ad agire in incognito all'interno di determinate aree; se i giocatori vogliono dunque evitare lo scontro diretto devono prediligere le vie secondarie di città e villaggi, sfuggendo alla vista dei soldati o mimetizzandosi tra i cittadini mediante azioni localizzate.
Siamo ovviamente lontani dal meraviglioso stealth visto in Unity, e ci rendiamo conto che quello proposto da Valhalla potrebbe non essere adatto a tutti gli stili di gioco. Ma il passo avanti, per quanto minimo, c'è, e va premiato. In conclusione, potremmo citare in apertura le parole del nostro Vultur:
"Nel gameplay non ho trovato molte differenze rispetto a Odyssey, ma trovo il gioco molto più simile ad Origins. Ci siamo allontanati dal feeling di overpower dato dall'impersonare una semidea, e trovo tutto molto più divertente!"

In definitiva, Valhalla propone lo stesso sistema di combattimento del suo capitolo precedente, limandone i difetti e spingendo sulla varietà, per un risultato decisamente gradevole e definito, perfettamente incastrato ad una progressione estremamente legata all'esplorazione. Scoprire i segreti dell'Inghilterra non è mai fine a sé stesso, e ripaga sempre il giocatore con premi che vanno aldilà dei semplici punti esperienza. Abbiamo oltretutto apprezzato che dietro ogni collezionabile, come Excalibur o le pagine della Saga di Rig, vi fosse un minuscolo, eppure importantissimo frammento di lore; un modo di imprimere la narrazione tipico dei Soulslike, che il team di sviluppo è stato capace di gestire in modo veramente ottimale. Per quanto lontano dalla perfezione dei capitoli precedenti, anche lo stealth si ritaglia un suo spazio, costringendo il giocatore a lavorare di testa se vuole scamparla nell'ombra.
Trama e narrazione
Se c'è qualcosa su cui Valhalla ha decisamente puntato tutto quanto è stata la narrazione, complice anche la presenza di uno dei direttori narrativi più amati e apprezzati dell'intero brand, Darby McDevitt: già noto per capitoli del calibro di Revelations e Black Flag, la presenza dello scrittore irlandese rassicurò dall'inizio i fan di tutto il mondo sulla qualità della trama. Lui stesso durante la campagna pubblicitaria del gioco fu molto trasparente in merito alla sua idea: sarebbero rimasti dialoghi a scelta multipla e selezione del sesso del protagonista, meccaniche molto criticate in Odyssey per la mancanza di un contesto narrativo e di un legame con la lore.

La saga di Eivor Varinsdottir scioglie il dilemma, trovando degli espedienti narrativi eccellenti per l'inserimento di queste meccaniche. La drengr del Clan del Corvo è infatti il Saggio dell'Isu Odino, il che le dona delle caratteristiche uniche: primo su tutti un'elevatissima concentrazione di DNA della Prima Civilizzazione, che impedisce all'Animus di comprendere a quale delle due entità appartenga effettivamente il set di ricordi individuato; di conseguenza, il simulatore chiede di scegliere tra la versione femminile di Eivor, che è quella storicamente valida nel IX secolo, oppure quella maschile, modellata sui tratti somatici di Odino.
Per i divoratori della lore come noi esiste anche la possibilità di far scegliere all'Animus, che ci indirizzerà al percorso più corretto: impersoneremo Eivor donna nel corso delle espansioni vichinghe ed Eivor uomo, e dunque Odino, nelle visioni oniriche del mito norreno.
Le reincarnazioni degli Isu soffrono peraltro di un importante disturbo dissociativo della personalità, che porta i reincarnati a subire gli influssi del Precursore loro associato: sostanzialmente le due personalità coesistenti in unico corpo lottano per il dominio dello stesso. Questa condizione si riversa sui dialoghi a scelta multipla, dando loro un senso di esistenza nel gameplay.
Uno dei maggiori problemi di Odyssey era il poter determinare la personalità del protagonista attraverso le nostre scelte di dialogo, che a nostro parere limitava l'immedesimazione e l'empatia del giocatore con il personaggio. Con Eivor fortunatamente è diverso: ogni possibile scelta di dialogo ruota nello spettro della sua personalità, o meglio, delle sue personalità, permettendoci di inquadrarne il carattere con maggior precisione. L'ennesima dimostrazione che con una adeguata contestualizzazione Assassin's Creed può essere un GDR, come ribadito da Connor1991:
"Bastava veramente inserire questi piccoli dettagli per contestualizzare adeguatamente scelta del genere e dialoghi multipli. Ma è anche vero che non potranno sfruttare in eterno queste giustificazioni narrative e che prima o poi queste meccaniche dovranno lasciare la scena."

Ci sono tuttavia dei contro. Se da un lato è vero che le scelte multiple permettono al giocatore di influenzare la trama con le sue scelte, dandogli più libertà, dall'altra parte emerge l'assenza di una regia in grado di essere memorabile: il gioco gode veramente di poche cutscenes ben curate, rispetto alle scene di dialogo che in proporzione sono molte molte di più. Chiaramente non ci si potrebbe aspettare qualcosa di diverso da un action-GDR, ma permane il fatto che giochi come Origins ci abbiano abituato a messe in scena ben più qualitative.
Aldilà di ciò, dei passi avanti sono stati compiuti anche sul fronte della narrazione, che dal frammentario e dispersivo schema di Odyssey passa ad un progetto più chiaro e definito. L'intera trama è strutturata ad episodi, ognuno dei quali inizia e finisce a Ravensthorpe; concettualmente la narrazione si scandisce come una serie televisiva, in cui ogni singolo episodio si ambienta in una diversa regione dell'Inghilterra.
Scopo di ogni trasferta è quello di forgiare un'alleanza per cementare la presenza del Clan del Corvo in Mercia. La ricerca di una stabilità nelle ostili terre inglesi è infatti il tema trainante della narrazione, che pone sul cammino di Eivor ben tre ostacoli: i sassoni e i clan vichinghi rivali, l'Ordine degli Antichi e suo stesso fratello Sigurd, che ossessionato da alcune visioni, trascura i suoi doveri di jarl per trovare la sua vera identità. Ad ognuna di queste tre minacce è legato un macro-arco narrativo del gioco.
Alla luce di questa impostazione potremmo dire che lo schema narrativo di Valhalla è perfetto, eppure, ancora una volta estremamente diluito e allungato. Il numero di archi è molto elevato, in quanto il gioco è pensato per essere longevo, ma non tutte le quests che si intraprendono riescono a rivelarsi memorabili, anche a causa di personaggi spesso dimenticabili e poco tollerabili.

Tra i pochi in grado di tenersi sul pezzo troviamo Sigurd e i Figli di Ragnar, che incarnano appieno l'essenza della cultura vichinga: è specialmente Ivarr il Senz'ossa a meritare un posto d'onore tra i personaggi del gioco. Non si sarà guadagnato il suo posto tra i caduti del Valhalla, ma con le sue azioni e il suo atteggiamento si è sicuramente ritagliato uno spazio nei nostri cuori. Lo stesso potremmo dire di personaggi come Soma o Rollone, ma molti altri come Birstan o Hunwald, faticano poco a cadere nel dimenticatoio e nella banalità, complici anche i main plot dei loro archi principali, spesso incapaci di brillare al pari di altri.
Alcuni di questi episodi danno più la sensazione di un riempitivo, inserito per forzare un allungamento di trama a tratti non necessario, in quanto la maggior parte di queste storie si distacca completamente dalla lore di Assassin's Creed. Come espresso da Alexignazio93 infatti:
"Non nascondo di odiare il fatto che per ogni regione ci sia una trama lunga diverse ore. Ciò allunga il brodo per tempi incredibili e spossanti. Avrei preferito non conquistarle tutte e che alcune fossero lasciate alla sola esplorazione, evitando anche di fare un "Avengers assemble!" finale."
In un complesso di oltre 20 archi narrativi per regione, meno della metà si dedicano effettivamente alla dura e pura materia del brand, mentre gli altri si focalizzano maggiormente sullo sviluppo delle alleanze per l'insediamento. In proporzione dunque, sono molti più gli archi dedicati alla semplice storia vichinga che non quelli di reale interesse per un fan di Assassin's Creed.
Una ripartizione dell'intreccio non proprio opportuna, in quanto induce ad una sensazione di straniamento che, se non fosse per gli episodi dedicati alla lore, porterebbe i giocatori a percepire Valhalla come un gioco sui vichinghi, e non un Assassin's Creed. Una trama più contenuta sarebbe stata secondo noi più fruibile, mentre l'ideale sarebbe stato inserire in ogni arco un po' dei temi fondanti del franchise.

Certo, alcuni archi sono davvero belli pur non avendo un contatto con la lore: ad esempio quello del Glowcestreshire, incentrato appieno sulla cultura e la mitologia druidica dei Celti è secondo noi uno dei più riusciti; eppure avrebbe avuto un sapore diverso se questo corpus mitico fosse stato agganciato alla Prima Civilizzazione, lasciando emergere aspetti molto diversi da quelli che vediamo ad Asgard e Jotunheim. Un altro esempio poteva essere l'arco dell'Anglia orientale, in cui al posto del capoclan Rued si poteva inserire un membro degli Antichi come pretendente al trono, esaltando dunque il loro concetto di ordine mondiale.
Sostanzialmente, alcuni archi sono bellissimi anche se molto lontani dai temi centrali di Assassin's Creed, ma da fans del brand ci aspettavamo che questi si imponessero con maggior forza, anziché relegarsi solo ad una sparuta metà.
Perfino la Confraternita ad un tratto passa in secondo piano rispetto alle alleanze dell'insediamento, relegandosi più ad un sistema azione-premio che si scandisce in continue interazioni con Hytham, il cui scopo è quello di ricostruire gli Occulti in Inghilterra. Eppure, nonostante la narrazione si espanda su diversi anni, non vediamo mai una concretizzazione di questa missione: una piccola meccanica di reclutamento per conto degli Occulti, secondo noi avrebbe favorito di più la presenza del Credo; sarebbe stato bello vedere le reclute di Hytham ripopolare gli antichi covi romani scoperti da Eivor nel corso dei suoi viaggi.

Piccoli dettagli, ma che comunque avrebbero fatto passare meno in sordina gli Assassini. Stesso discorso per l'Ordine degli Antichi, nemici del gioco che vengono braccati dal Morso di Lupo per conto dei suoi alleati incappucciati; il sistema di ricerca e uccisione è il medesimo di Odyssey, e soffre dunque delle stesse criticità: nonostante le ramificazioni diano un forte senso di caccia ai bersagli, quest'ultimi sono veramente troppi, tanto da essere dimenticabili quanto molti personaggi co-primari.
Solamente Fulke e qualche altro godono di uno sviluppo caratteriale degno di una produzione tanto importante, mentre gli altri sono semplicemente bersagli sistemici e privi di storie anche solo intriganti. Decurtando il numero di Antichi da assassinare, sarebbe stata sicuramente più favorita la caratterizzazione, regalandoci personaggi, se non eccellenti, almeno buoni. Certo, è pur vero che gli Antichi non sono gli antagonisti principali, ma come parte integrante del disegno narrativo, sentiamo che si potesse dare di più.
A risollevare il gioco, fortunatamente, sono gli eventi legati a Sigurd e al viaggio che egli compie per cercare sé stesso. Una vera e propria esplosione vulcanica, che inizia con la ricerca della Pietra della Saga, prosegue con il salvataggio dello jarl di Ravensthorpe dalle mani di Fulke, e termina con la rivelazione di Yggdrasil e lo scontro finale con Basim, vero nemico di Eivor per tutto il corso del viaggio. La macro-trama basata sul legame di questi personaggi con gli Isu di culto Æsir, di cui sono le reincarnazioni, ci ha lasciato veramente di stucco e pienamente soddisfatti: essa ha saputo regalare momenti molto alti, specie nello scontro finale tra Eivor e Odino per il dominio del corpo in cui sono costretti a convivere. Il nostro Ale Noc commenta così questi frangenti:
"Era da Black Flag che non ero così affascinato e quasi inquietato dalla trama. Nel corso del gioco è tutto quanto un po' un mistero, con tanti perché che solo alla fine trovano una spiegazione."

Gli eventi del IX secolo si legano a doppio filo con quelli di Asgard e Jotunheim, che ci portano alle origini dei Saggi e alle radici dell'odio di Loki, e dunque di Basim. Apprezzatissimi i ritorni di personaggi come Giunone e Giove, così come la loro differenziazione culturale ed etnica dagli Isu norreni - questo aspetto in particolare ha aperto nuovi e interessantissimi scenari su questa antica civiltà e la sua era.
Impossibile non parlare anche del complicato rapporto tra Eivor e Re Ælfred il Grande, leader degli Antichi e loro distruttore: per quanto sia comparso poco sugli schermi, la filosofia del personaggio e la sua visione di mondo godono di un elevatissimo spessore, e lo rendono la figura perfetta per portare alla luce i Templari come nuova fazione. Unica pecca, è la sensazione di riciclaggio del ruolo giocato da Aspasia nei confronti della Setta di Cosmos.
Un carico di lore più che apprezzato, che si ripartisce tra le quests storiche e quelle mitologiche. Il tutto è ulteriormente arrotondato dalle Anomalie dell'Animus, giunto di collegamento con il presente e altro elemento di diversità in termini di gameplay. Proprio sul presente andrebbe spesa qualche parola agrodolce. Se da una parte la quantità spropositata di documenti aiuta a smussare ulteriormente qualche minuzia della lore, piccoli errori di trama fatti per forzare alcuni accadimenti ci hanno lasciati molto perplessi: abbiamo apprezzato tantissimo il ritorno di Desmond Miles nei panni dell'Interprete, così come l'uscita di scena di Layla e il significato simbolico del finale nel presente.

Tuttavia continuiamo a chiederci, per esempio, come Basim sia sopravvissuto alle radiazioni di Yggdrasil, o ancora perché Layla abbia mollato così ingenuamente il Bastone di Ermete, pur sapendo dai ricordi di Eivor che legarsi al super-computer degli Isu comportasse una stasi del proprio corpo. Domande che non troveranno una risposta, e la cui vacuità trova uno scopo solo nella resurrezione dell'Occulto, che pervaso dai ricordi Loki, si ricongiunge finalmente alla sua amata Aletheia dopo eoni di attesa.
Anche qui, non possiamo non percepire una nota di riciclaggio dai vecchi cicli narrativi: il fatto che tutta la ricerca del Morso di Lupo non sia stata altro che una macchinazione di Basim e Aletheia per tornare insieme, rievoca nuovamente lo spettro di Giunone e Aita come coppia di amanti Isu intenta ad osteggiare i protagonisti - per quanto le loro motivazioni siano ben più nobili e comprensibili. Riciclare idee non è ovviamente un male, ma qualcosa di più originale e meno frettoloso avrebbe lasciato in bocca un sapore meno acre.
"Di tutta la trilogia, narrativamente è il migliore senza ombra di dubbio."
Le parole del nostro kingdomgio, aprono all'ultima analisi. Intreccio e narrazione sono il vero fiore all'occhiello del gioco: uno schema ben congeniato hanno limitato la dispersione narrativa sofferta da Odyssey e le tantissime references ai giochi precedenti ammiccano l'occhio allo zoccolo duro del fandom, per un risultato qualitativamente ottimo in termini di sceneggiatura e caratterizzazione dei personaggi principali. Il quantitativo di lore immessa, tra le altre cose, apre le porte a frontiere narrative inesplorate e dai profumi interessanti.
Il lato più oscuro della narrazione consiste però in co-primari non sempre memorabili e in un allungamento esasperante dell'intreccio, a tratti non necessario e, seppur gradevole in alcuni punti, molto lontano dalle note di Assassin's Creed. Una caccia agli Antichi non perfetta e un presente ambiguo e frettoloso portano a delle sbavature che allontanano lo script dalla perfezione.
Aspetti tecnici del gioco
In ultimo, ma non per importanza, andremo ad analizzare l'aspetto puramente tecnico del gioco. Graficamente Valhalla è l'episodio migliore della serie, e fin qui l'affermazione potrebbe sembrare banale e a tratti scontata, ma andiamo per gradi. Da un punto di vista architettonico e di fedeltà storica, Unity è tutt'ora il punto più alto e inarrivabile della saga, così come Origins riusciva a trasmettere in maniera perfetta l'opprimente desolazione delle distese di sabbia dell'Antico Egitto, con effetti di luce al limite del fotorealismo.

Ma è proprio qui che Valhalla raggiunge l'apice, con un colpo d'occhio generale semplicemente straordinario: città, pianure, boschi, scogliere, punte innevate e torri diroccate. Tutte quante realizzate con una cura maniacale e che ben si amalgamano tra loro, creando come risultato uno scenario sempre coeso e mai banale. Per non parlare delle piccole perle, Asgard e Jotunheim, con le loro atmosfere oniriche ma al contempo reali.
A detta di Mat:
"L'ambientazione è fantastica, tanto da esserci sempre un costante dubbio durante le sessioni di gioco con Valhalla: lasciar scorrere il tutto e godersi il momento, o mettere in pausa per attivare la Photo Mode. Al 99% lo scatto che ne verrà fuori sarà mozzafiato! "
Anche il sonoro fa da padrone, con effetti sempre sul pezzo, musiche ambientali adeguate, ma a tratti ridondanti in alcune aree. Il doppiaggio italiano è veramente di alta qualità, soprattutto sui personaggi principali e protagonisti in primis. Lo stesso non si potrebbe dire per alcuni NPC, con scelte di dialogo alquanto discutibili: "Quello era mio fratello!" è definitivamente il cavallo di battaglia di ogni Accolito che andremo ad uccidere.
Ovviamente non è tutto oro quel che luccica e Valhalla non è esente da difetti, seguendo una tradizione che francamente vorremmo terminasse qui. Il gioco infatti arriva sugli scaffali con non pochi problemi, che puntualmente verranno risolti a seguito del rilascio di patch correttive; è apprezzabile vedere il team di sviluppo sempre al lavoro per rendere il prodotto quanto più stabile possibile, ma farebbe ancora più piacere vedere una certa stabilità già al lancio.

Spesso infatti ci siamo ritrovati davanti a ritardi nel caricamento delle texture, desincronizzazioni con i dialoghi e bug che in parte impedivano il proseguimento di alcune missioni, anche della trama principale: compenetrazioni o navi volanti possono essere ancora accettabili, ma non lo sono quei difetti che impediscono al giocatore di godere fino in fondo del prodotto. Riteniamo davvero un peccato che una formula di gioco così organica e compatta debba essere rovinata da tante imprecisioni nelle animazioni e da un'ottimizzazione a malapena sufficiente del videogioco.
Fortunatamente, a distanza di mesi, gran parte dei problemi che affliggevano Valhalla sono spariti, in particolare su console base dove le performance generali non erano delle migliori e il peso del vastissimo open-world si faceva sentire parecchio.
Quindi, con tutto un percorso post-lancio che ancora ci attende e, consci dell'esperienza avuta con Odyssey, siamo certi che con le due macro-espansioni in arrivo e relative patch di miglioramento, Valhalla ci potrà regalare un pacchetto completo e stabile sotto ogni punto di vista.
Verdetto finale e voto del Salotto
La dodicesima fatica di casa Ubisoft ha sin da subito fatto gola ad appassionati e non dell'epopea del Credo, intavolando la promessa di un capitolo di Assassin's Creed a dir poco impeccabile e conscio dei suoi errori passati. In buona parte questa promessa è stata mantenuta: una formula di gioco più bilanciata e variegata, inserita in un mondo variopinto e mai banale. Attraverso questo mondo, viviamo l'epica saga di Eivor, le cui avventure hanno portato alla luce pezzi inediti di storia Isu, oltre che alla nascita dei Templari.
Eventi che si innestano in una trama di buona fattura, ma eccessivamente allungata e non capace di tenersi sul pezzo per tempi tanto lunghi, specie se spesso prende le distanze dal brand e i suoi temi. Il risultato complessivo è un capitolo rotondo e appagante, rovinato da un'ottimizzazione davvero molto scarsa e da un sentore di "si poteva fare di più" che ancora una volta non permette di esprimere il massimo potenziale narrativo del franchise. Il nostro voto finale è:

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