“IO CI SONO ANCORA! IO, EZIO! EZIO AUDITORE!”
- Connor1991
- 30 nov 2021
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 3 ago 2022

È con una duplice consapevolezza che ci accingiamo a scrivere le primissime righe di questo articolo: la prima è di star correndo un grosso rischio, esponendoci ad una critica severa eppur legittima, mentre la seconda è che, essendo fan veterani del brand, questo giorno doveva prima o poi arrivare; non potevamo assolutamente astenerci dal dire la nostra su uno degli argomenti caposaldo del fandom. La tristemente celebre frase "Assassin's Creed è morto con Ezio" verrà infine presa in esame, commentata e giudicata da noi come verità oppure falsità.
Come da nostra prassi cercheremo di essere quanto più oggettivi, critici e imparziali possibile, giacché da amanti cronici della serie come specificato in precedenza, non è certamente nostro interesse gettare del fango su un personaggio senza alcun motivo. Lo scopo dell'articolo in questione è semplicemente cercare di dare a Cesare quel che è di Cesare, ridimensionando il mito di Ezio Auditore, la cui trilogia ha talmente appassionato i fan da renderli in qualche modo non capaci di guardare oltre essa - e creando in maniera quasi naturale una nicchia di fan altamente tossica per il quieto vivere.
Perché sì, puntuali come il sorgere del Sole, all'annuncio di ogni nuovo capitolo della saga spuntano orde di puristi della trilogia di Ezio Auditore pronti a digitare freneticamente sulle loro tastiere la fatidica sentenza, portando ad una generazione che si traduce infine in flame dallo scarso spunto di riflessione.

Stanchi di una simile situazione ma altrettanto consci che essa non finirà neanche dopo questo articolo, ci pronunceremo una e una sola volta; lungi ovviamente da noi spacciare il contenuto dell'articolo quale verità assoluta. Si tratta come detto di una semplicissima analisi, condivisibile o meno e passibile di contestazione. Fatte le doverose premesse, apriamo le danze. Partiamo da una verità secondo noi assoluta: se esiste un personaggio che più di tutti gli altri rappresenta Assassin's Creed nella testa dei giocatori quello è sicuramente Ezio; egli è il più popolare da un punto di vista di puro marketing proprio perché i fan sono abituati ad associare il brand alla sua figura - complice il fatto che gli siano stati dedicati tre giochi, diversi media secondari e prodotti del merchandise.
Ci ha accompagnato per tutta la sua vita, dalla nascita fino alla morte, ed è opinione quasi unanime che il miglior episodio della sua storia sia Assassin's Creed II. Decantato da oltre dieci anni come la gemma più brillante della saga, un capitolo insuperabile, questo gioco ormai estremamente datato ha il merito di aver consacrato il brand alla storia dei videogiochi, gettando le basi narrative e ludiche per tutti i capitoli successivi - basti pensare che il contenuto del capitolo rinascimentale sia stato ancora oggi un riferimento per Origins, Odyssey e Valhalla.
D'altronde egli è un personaggio di fondamentale importanza anche nella stessa lore: riconosciuto come uno dei più grandi Mentori della storia degli Assassini, fu colui che attraverso la Confraternita italiana ruscì ad annichilire i Templari in Europa per quasi mezzo secolo e con effetti ancor più duraturi, segnando l'Era d'oro del Credo. Egli fu oltretutto maestro di molte altre importantissime figure della lore, come Giovanni Borgia, Francesco Vecellio e Shao Jun.

Insomma, Ezio è un personaggio che almeno in apparenza parrebbe intoccabile, fondamentale sia per l'economia vera e propria della serie sia per la sua continuità; ma ciò basta veramente a dire che dopo di lui tutto quanto sia andato in fumo? Tutto ciò è davvero sufficiente a dire che Ezio Auditore e la sua trilogia siano il punto massimo della serie, insuperato da tutto il resto? Ovviamente no!
Dalla fine della sua trilogia ha trovato ampissima diffusione una moda deleteria e corrosiva per il brand: il personaggio di Ezio è sfruttato come metro di paragone per giudicare ogni singolo capitolo venuto dopo di lui, paragone che alla fine si limita ad essere un semplice pro forma, visto che la bocciatura viene quasi automatica se si cerca un qualsiasi paragone con il Mentore italiano - il più delle volte per motivi futili, che spaziano dal becero patriottismo fino a caratteristiche del personaggio spacciate per uniche e non possedute da nessun altro Assassino.
Insomma, ogni Assassin's Creed venuto dopo il personaggio in questione è ritenuto dai fan non valido per un semplice motivo: Ezio Auditore non è il protagonista. Una critica che spesso e volentieri lascia il tempo che trova, dal momento che coloro i quali la pronunciano hanno, nella maggior parte dei casi, giocato solo alla sua trilogia senza preoccuparsi di esplorare i prodotti successivi - e sarebbe quantomeno saggio, almeno dal nostro punto di vista, giocare ad un videogioco, ponderarlo e capirlo, prima di esprimere un qualsivoglia giudizio.
Se una critica simile poteva essere comprensibile sul primo periodo, non lo è più dopo quasi un decennio, specie se ogni volta essa si ripresenta senza argomentazioni valide a suo supporto. Una simile evidenza implica solamente che qualcosa all'interno del fandom sia andato storto.

Se un personaggio diventa oggetto di un legame affettivo tanto malsano, traducendosi in accidia nel voler anche solo provare delle esperienze diverse, allora vengono a galla i sintomi di un serio problema, specie se la frase "Assassin's Creed è morto con Ezio" viene detta semplicemente per acchiappare un pungo di like, consapevoli di avere il favore del popolo. Ma dal momento che il paragone tra la saga di Ezio e ogni altro possibile capitolo viene così insistentemente ricercato da tutti i fan, proviamo ad eseguire un rapido confronto tra due capitoli e due personaggi.
Volendo determinare per esempio quale capitolo tra Assassin's Creed II e il suo immediato sequel numerale, Assassin's Creed III, presenti una maggior qualità complessiva, la risposta ricadrebbe inevitabilmente sul secondo capitolo, ed i motivi sono presto detti.
Tralasciando il gameplay, che con il passare degli anni ha subito un naturale miglioramento dettato dal progredire tecnologico, la principale discriminante tra i due capitoli consiste nella trama e nella caratterizzazione dei personaggi. Da un lato abbiamo una storia che ruota principalmente intorno al tema della vendetta, in cui Ezio passa oltre un trentennio ad inseguire il responsabile della morte di suo padre e dei suoi fratelli, vestendo e agendo come un Assassino pur non comportandosi mai come tale - sebbene gli fosse stato fatto presente che la Confraternita fosse parte dell'eredità di suo padre. Essenziale per la riuscita di una buona trama è anche un corpus di villain costruito ad arte, frase nella quale non si rispecchia sicuramente Rodrigo Borgia: un villain che come suo figlio Cesare è mosso dalla sete di potere e nulla più, lontano dalle idee di pace e ordine dei Templari affrontati da Altaïr.
In sostanza Rodrigo Borgia e tutti i suoi sottoposti sono cattivi perché devono essere cattivi, il che rende il loro anteporsi ad Ezio più un'esigenza narrativa anziché un riflesso della naturale dicotomia tra Assassini e Templari. Una caratterizzazione povera da cui non si salva neanche il giovane Ezio, tanto carico di cliché all'italiana da renderlo a tratti anche ridicolo: arrogate, sfacciato e tombeur-de-femme, un personaggio confezionato essenzialmente per piacere alle masse. Ulteriori criticità vengono a galla se consideriamo i personaggi secondari e la struttura narrativa del gioco, che in certi momenti sembra non sapere bene cosa vuol raccontare: se pensiamo al discorso fatto da Ezio durante il Falò delle Vanità potremmo pensare ad una maturazione del personaggio, ormai divento un seguace del Credo con un desiderio di vendetta lasciato nel dimenticatoio, salvo poi vedere lo stesso riemergere durante il Confronto in Vaticano.

Nel gioco il percorso di maturazione di Ezio è ben chiaro, ma poco approfondito e privo di punti focali che renderebbero il personaggio più coerente con le vicende che lo coinvolgono e le sue reazioni ad esse. Ci si potrebbe aspettare che il suo percorso da Assassino emerga di più nel sequel cronologico, Assassin's Creed: Brotherhood, ma la delusione è piuttosto cocente quando si scopre che nel capitolo romano Ezio diventa improvvisamente un personaggio prefabbricato e confezionato per guidare la Confraternita: un Mentore in tutto che subentra tramite una metamorfosi, senza che vi sia un percorso di maturazione tale da portarlo a ricoprire infine quel ruolo. La sensazione generale è quella di un percorso frettoloso e che non sfrutta al massimo tutto il potenziale a disposizione; potremmo riassumere il tutto con dicendo: Assassin's Creed II e Brotherhood risultano indubbiamente dei prodotti di alta qualità e dei giochi godibilissimi, ma sicuramente non dei capolavori.
Sono capitoli frenati dalla loro stessa semplicità, a prova di bambino, lontani dalla complessità tematiche che abbiamo osservato, ad esempio nella Saga dei Kenway. Riprendendo il precedente paragone con Assassin's Creed III, troviamo una struttura narrativa mossa da tutt'altro tipo di vettori: Connor, a dispetto di quanto si creda, non è un personaggio spinto dalla vendetta, ma dal desiderio di proteggere il suo popolo dall'espansione coloniale, motivazioni che sono intimamente connesse ad un problema sociale particolarmente sentito all'epoca tra le comunità irochesi. Il personaggio ed il suo percorso trovano un riflesso nella storicità dell'epoca, maturando gradualmente e incontrando al tempo stesso degli antagonisti dagli ideali forti: è impossibile dire che Haytham Kenway non fosse un antagonista nettamente più sfaccettato e caratterizzato della famiglia Borgia, capace di rubare la scena al figlio così come di impreziosire la trama del gioco regalandoci dei momenti di altissimo spessore.

In sostanza: da un lato abbiamo un gioco sicuramente bello, ma fin troppo semplice per essere definito un capolavoro, dal momento che non sfrutta il massimo potenziale offerto dalla saga e le sue tematiche, mentre dall'altro un gioco profondo, complesso e inevitabilmente frainteso dalla massa desiderosa di storie più semplici e d'impatto - simili dunque alla trilogia di Ezio. Attenzione, è scontato che una maggior complessità narrativa non implichi un'alta qualità, ma all'evidenza dei fatti non sembra essere il caso del nostro paragone. Tutto questo per ribadire un concetto: sarà il personaggio più iconico, ma se guardiamo alla qualità, Ezio e la sua storia non sono le migliori della saga.
Una lancia a suo favore però dobbiamo spezzarla per forza. L'amarezza della nostra critica, noterete, non colpisce Assassin's Creed: Revelations, dal momento che secondo il nostro modo di vedere, il capitolo ad atmosfera ottomana ci ha regalato la miglior versione mai partorita di Ezio Auditore. Un personaggio stanco e afflitto da una vita che non ha scelto, ma che lo ha reso una leggenda vivente; sentendo il bisogno di chiudere con la Confraternita e con un cuore pieno di domande, decide di intraprendere un viaggio in cerca di risposte, affiancato da personaggi memorabili e con il giusto grado di presenza sulla scena. Proprio come Assassin's Creed III il gioco parte da un bisogno umano, una necessità che il personaggio sente più per sé stesso dopo anni di fedele devozione alla causa degli Assassini; non pensiamo di esagerare nel dire che solamente nel terzo capitolo della trilogia Ezio sviluppi una personalità vera.

Dulcis in fundo il gioco ripone la dicotomia tra Templari e Assassini nuovamente al centro della trama, proponendo un antagonista più vicino allo standard degli altri capitoli. Ahmet è infatti un Gran Maestro assennato e saggio, con una chiara visione di mondo e un desiderio di pace nutrito dai conflitti familiari che attanagliano la sua casata. Insomma, paragonato ai primi due giochi della trilogia, siamo davanti a tutt'altro standard di qualità, ed a nostro avviso questa versione più matura del Mentore italiano è quella che merita il maggior plauso. Rimane comunque sia evidente che lo standard qualitativo sia ancor più alto nei capitoli successivi alla trilogia di Ezio, che propongono intrecci dalle tematiche più delicate e impegnate, trattate peraltro mediante introspezioni caratteriali che portano i personaggi a seguire un percorso ben congeniato e coerente.
Basti pensare all'avventura di Edward Kenway, che comincia come un pirata devoto sì alla ricchezza e alla gloria, ma anche ad un profondo desiderio di riscattarsi dalle sue umili origini che lo hanno incatenato all’umiliazione. Quello del bucaniere gallese è un viaggio iniziato anche per amore di Caroline Scott, alla quale voleva donare una vita degna della sua nobiltà; le vicende che caratterizzano la sua vita lo portarono infine al contatto con la filosofia della Confraternita.
Il rapporto di Edward con il Credo non è semplice, e risiede negli anfratti dell'ideologia della Confraternita e i risvolti sociali della sua applicazione; questo complesso legame dualistico lo abbiamo esaminato, per chi fosse interessato in un articolo dedicato.

Chiudiamo l'articolo ribadendone (perché non è mai troppo scontato e il fraintendimento è sempre dietro l'angolo) scopo e conclusioni. Al netto di un confronto fra la trilogia di Ezio e buona parte degli altri capitoli, valutando e intendendo il videogioco come un'espressione artistica, i suddetti tre giochi incentrati sulla vita dell'Assassino italiano non hanno una qualità narrativa paragonabile a quella di altri capitoli del franchise. In soldoni: rispetto ad Ezio abbiamo visto oggettivamente di meglio. Significa forse che i tre giochi su di lui incentrati facciano schifo e che un gioco dalla narrazione non complessa e articolata non sia valido?
No, tant’è che ribadiamo nuovamente come si tratti a tutti gli effetti di capitoli dall’ottima fattura, studiati per il grande pubblico e capaci di svolgere egregiamente il loro lavoro; in fondo dopo aver affiancato Ezio per le strade di Firenze, Roma e Costantinopoli è difficile non affezionarsi tanto quanto i suoi fan più accaniti.
Semplicemente, è innegabile che non raggiungano la stessa qualità narrativa di altri capitoli e che in linea generale l’intera trilogia sia oltremodo sopravvalutata e mitizzata da un mero fattore di gusto personale: discerniamo sempre ciò che piace da ciò che è fatto bene, perché non sempre le due cose coincidono. Concludiamo ribadendo che quanto espresso è una opinione del tutto soggettiva, e che se qualcuno volesse esporre qualche argomentazione saremo aperti e felici di confrontarci.
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