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EZIO AUDITORE - IL PRINCIPE DI MACHIAVELLI

  • Immagine del redattore: Connor1991
    Connor1991
  • 3 gen 2022
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 3 ago 2022



Presentare questo personaggio sarebbe soltanto superfluo, dal momento che tutti quanti, fan del brand e non, conosciamo il suo nome. Esso riecheggia tra le leggende della Confraternita degli Assassini, avendo lui guidato dalle ombre la caduta di una delle più potenti famiglie europee del XVI secolo: il Casato Borgia. Essa è solamente una delle sue molteplici imprese: ricostruì il Credo in Italia e ne espanse l'influenza sia in Europa sia oltreoceano, nelle colonie atlantiche, segnando per un secolo e oltre la pena dei Templari e l'Età d'oro della Confraternita.

Ezio Auditore è senza dubbio uno dei protagonisti più amati, o meglio dire, il più amato della saga, oggetto a più riprese di analisi e dibattimenti che hanno diviso e avvicinato i fan: in linea di massima si potrebbero distinguere due scuole di pensiero, tra coloro che ritengono la sua trilogia l'apice assoluto del brand e chi invece ammira il ruolo giocato del personaggio spogliandolo però di tanta maestà.


Insomma, se non altro, è un personaggio che ancora oggi, ad anni di distanza dalla fine della sua epopea, riesce a farci discutere e riflettere. Noi stessi ci siamo pronunciati più volte su Ezio Auditore, rendendolo il protagonista di uno steso in cui esaminiamo l'impronta da lui lasciata nel cuore dei giocatori e il riflesso che questa ha sul brand - ci tocca ammetterlo, non siamo stati buoni nei confronti del Mentore italiano, bensì, brutalmente onesti e obiettivi. Per chi fosse interessato a scoprire il perché, secondo noi, Ezio Auditore non rientra tra i migliori protagonisti della saga, ecco a voi l'articolo incriminato.

Ma oggi intendiamo espiare i nostri peccati, proponendo in questo articolo un accostamento interessante tra il fiorentino e una figura molto cara al suo confratello e amico Niccolò Machiavelli. Senza ulteriori inutili convenevoli, introduciamo subito l'argomento!



Niccolò: "Un giorno scriverò un libro su di te, Ezio."
Ezio: "In quel caso, fallo breve."

Questo è forse uno degli scambi più celebrati di tutta la trilogia di Ezio, in quanto consolida la sua ascesa al rango di Mentore con la benevolenza di Machiavelli; è opinione comune credere che il famoso diplomatico e scrittore si stesse riferendo alla sua opera maestra, ovvero Il Principe, proprio con riferimento ad Ezio. È dunque esplicito che Machiavelli veda nel suo leader le qualità che egli avrebbe dibattuto anni dopo nel suo trattato, delineando a suo modo di vedere la figura del capo ideale. Ebbene, oggi vedremo quanto c'è effettivamente del vero in tale paragone: quanto del Principe machiavelliano rispecchia il personaggio di Ezio Auditore?

Il fatto che Machiavelli stesso ceda il titolo di Mentore ad Ezio indica che egli veda in lui le stesse qualità politiche e intellettive del suo Principe ideale.

Partiamo subito col dire che a differenza di tanti altri Specula Principis, ovvero i trattati dell'epoca che miravano a delineare le qualità morali di un buon regnante, il buon Machiavelli si focalizzò più sulle vere e proprie azioni fisiche che un sovrano deve compiere per consolidare il proprio potere - non è un caso che l'opera faccia riferimento anche a Cesare Borgia, nemesi di Ezio e spietato generale che conquistò il potere con il sangue.

I primi 13 capitoli dell'opera fanno una disamina generale sulle varie tipologie di principato e su come giostrare il potere al loro interno in modo da assumerne il comando, seguita da una analisi della situazione militare italiana a quel tempo. È solamente dal 14° capitolo in poi che vengono descritti i comportamenti che il principe deve assumere con sudditi e amici.


"Perciò il Principe deve avere solo la guerra come scopo, come unica arte propria. E la guerra è di così grande virtù da riuscire a mantenere i Principi sul trono [...]"


Il delinearsi di questa figura ideale prende le mosse dal suo voto alla guerra: la prima causa della perdita di potere da parte di un principe è il non essere avvezzo al conflitto o non essere impegnato in esso; è ferma la posizione dell'autore sull'argomento. Un buon principe deve costantemente simulare scenari di guerra, essere pronto fisicamente e intellettualmente a combatterla, dotato di sapere tattico e abile nell'uso delle armi.

È chiaro che questo aspetto della figura principesca non si estende soltanto ad Ezio, ma in generale a tutti quanti gli Assassini, i quali si impegnano a servire il Credo fino alla morte, uccidendo giorno dopo giorno nel nome dei loro ideali. Il loro addestramento è terribilmente intenso e intriso di filosofia, tattica, logica, e tutto ciò che possa tornare loro utile nel compiere una missione.

Nonostante l'evidente nobiltà d'animo, l'essere un Assassino ha spesso posto Ezio in situazioni in cui ha dovuto agire negativamente: furto di denaro ai cittadini, appropriazione illecita, omicidio e favoreggiamento della criminalità. Proprio come il Principe dunque si ritrova spesso ad essere un buono che agisce da cattivo.

Gli Assassini insomma, vivono per uccidere e spendono la loro intera vita su un campo di battaglia senza confine, costantemente in prima linea; se non altro possiamo dire che Ezio lo è stato più di tanti altri. Un comandante tuttavia non è tale se non possiede anche specifiche virtù che lo portino ad essere rispettato dai suoi sudditi; in tal senso Machiavelli si pone come neutro: se da un lato sarebbe utopico e ideale che un principe manifesti esclusivamente buone qualità, è molto più realistico che egli in quanto umano possa in qualche modo sbagliare, fallire e mostrare aspetti di sé molto distanti dalla nobiltà e dalla pietà.

Un principe può dunque essere un non-buono, senza dover necessariamente rendere conto ai propri sudditi del proprio comportamento, e seppur non così profondamente marcati o bilanciati, anche il nostro amato Ezio ha manifestato atteggiamenti simili.


Uno dei sentimenti che portò alla nascita della Confraternita secoli prima di Ezio fu la difesa dei deboli dai soprusi dei potenti, idea che rimase viva tra gli Assassini anche nei secoli a venire; su queste basi il maestro fiorentino affidò la rinascita della Confraternita italiana direttamente ai cittadini di Roma, oppressi dal folle governo dei Borgia e desiderosi di combattere la tirannia. Ha dunque saputo mettere in campo il proprio fascino, veicolando il sentimento di odio verso la famiglia regnante per creare una propria milizia. E proprio come cita Machiavelli nel 20° capitolo del trattato:


"Mai un Principe disarmò i propri sudditi, e quando li trovò disarmati, li armò, perché quelle armi diventano tue fedeli, tue partigiane."


Consapevole del malcontento popolare per il governo Borgia, Ezio armò coloro che dal nemico erano stati disarmati, ricostruendo la Confraternita. Questa potrebbe in un certo senso essere il suo popolo e lui il Principe.

Egli ha armato gli oppressi per favorire il suo scopo, dando loro la possibilità di combattere al suo fianco. Sotto questo punto di vista Ezio potrebbe apparire come un eroe, un liberatore e dunque un Principe più incline a rivestire qualità positive e nobili; ma d'altra parte è lo stesso modus operandi degli Assassini a mettere in discussione delle simili qualità: basti pensare che per racimolare denaro, Ezio rubava anche dalle tasche di quei cittadini che voleva proteggere, senza contare che non ha mostrato la minima pietà nei confronti di coloro che tradivano volontariamente il Credo. Amato dai propri adepti e confratelli ma al tempo stesso temuto da nemici e traditori per il trattamento che riservava loro.


A suo modo e quando le circostanze lo hanno richiesto, Ezio ha decisamente saputo mettere in mostra il suo lato più discutibile, andando perfino contro la propria moralità laddove lo ritenesse necessario. Il saper prescindere dalla propria moralità qualora la situazione lo richieda è una delle caratteristiche fondamentali che dovrebbe possedere un Principe secondo Machiavelli: come detto poco prima, il regnante può anche mostrare i propri lati negativi, essendo umano anch'egli umano. Se i tre dettami del Credo sono la moralità di un Assassino, allora Ezio è decisamente un Principe secondo Machiavelli, dal momento che più di una volta ha infranto le tre regole per facilitare la propria missione o per dare una prova di forza: l'omicidio di Manuele Paleologo costò la vita di decine di innocenti, o ancora l'assedio frontale all'arsenale di Costantinopoli fu una prova di forza da parte degli Assassini che però li portò a rompere il secondo dogma del Credo.

Più di una volta Ezio si è dimostrato capace di rinunciare alla morale del Credo, classificandosi forse come un buon Principe ma sicuramente come un Assassino discutibile.

Più di una volta le azioni di Ezio compromisero la Confraternita portando a perdite anche molto alte: per esempio, il suo amore per Sofia Sartor, vissuto con troppa leggerezza, causò la morte di Yusuf Tazim, una figura molto cara agli Assassini ottomani in quanto loro leader decennale. Errare è ovviamente umano, e come detto prima, un Principe non può sottrarsi a questa natura, ma è altresì vero che non sempre Ezio si è dimostrato astuto a sufficienza nel determinare come e quando prescindere dal Credo.


Non gli mancava indubbiamente la forza del leone decantata nel trattato, ma in determinate dinamiche non ha mostrato la scaltrezza della volpe. A dispetto di qualche inciampo tattico però, è indubbio che nel suo periodo ottomano e in quello romano soprattutto, Ezio abbia in più misure ricalcato il Principe di Machiavelli: pronto a compiere sacrifici, anche morali, a seconda delle necessità, esercitando pietà e rigidezza al tempo stesso, sapendo in che modo farsi amare ma anche come farsi odiare ed eventualmente temere. Nel bene e nel male egli ha saputo costruire la propria leggenda; la fama e la stima sono non a caso due tratti tenuti in alta considerazione da Machiavelli nel delineare il suo Principe.


"Nessuna cosa fa stimare un Principe quanto le grandi imprese, ovvero dare di sé rari esempi."


Tra gli Assassini quello di Ezio Auditore è un nome sicuramente immortale, già noto all'epoca in tutti gli angoli del mondo: si ricordi che Leandros, comandante bizantino e Templare di stanza alle rovine di Masyaf, lo descrisse come una vera e propria leggenda vivente, affermazione che troverà poi conferma nei tanti allievi che Ezio addestrerà personalmente, alcuni di loro divenuti poi grandissimi Assassini a loro volta. Tra i tanti si potrebbero citare Francesco Vecellio, colui che recuperò la Sindone dell'Eden dalle mani del condottiero Niccolò di Pitigliano, e soprattutto Shao Jun; tale era la fama di Ezio da raggiungere perfino la Cina. Jun e il suo Mentore infatti viaggiarono dal grande impero orientale fino in Italia proprio per chiedere aiuto ad Ezio, e fu solo grazie all'addestramento da questi impartitole che Jun riuscì a compiere la sua missione di vendetta.

L'arguzia di Ezio nel selezionare i propri consiglieri, così come nel massimizzare le loro capacità e risorse, denota in lui un'ulteriore sfumatura del Principe machiavelliano che lo avvicina ancora di più a questa figura letteraria.

Dunque, se valutato dal punto di vista della sola fama, Ezio ricalca più che adeguatamente l'aura principesca del Machiavelli, avendo reso il suo nome un vero e proprio sinonimo di conquista e vittoria. In ultimo ma di certo non meno importante, un Principe deve circondarsi solo di abili consiglieri, giacché i suoi frequentatori sono essi stessi metro di giudizio per il suo operato e la sua persona. Quando per il Machiavelli un ministro selezionato dal Principe non può più ritenersi valido? Quando questi inizia a pensare più al proprio tornaconto piuttosto che al benessere del suo signore, sospetto che Ezio ebbe proprio sullo stesso Machiavelli, su indicazione del ladro e confratello soprannominato La Volpe.


Fortunatamente ciò si rivelò un sospetto infondato, cosa che testimonia quanto valido fosse il circondario di Ezio: ogni suo singolo sottoposto era devoto al Credo esattamente per come era devoto ad Ezio, che in qualità di loro Principe si preoccupò sempre della loro salute così come di potergli garantire le risorse utili alle loro operazioni. Fu infatti Ezio a consegnare La Rosa in Fiore a sua sorella Claudia, così come aiutò la gilda dei ladri di Roma ad acquistare La Volpe Addormentata. Egli sapeva sempre come farsi degli amici e come massimizzare le loro capacità perché potessero aiutarlo contro i suoi nemici; se non un Assassino perfettamente devoto al Credo, allora fu senza alcun dubbio un grandissimo generale.


In generale dunque possiamo concludere con una conferma: seppur non del tutto affine (l'opera originale prende infatti spunto dalle vite e le caratteristiche dei ben altre figure storiche) alla figura del Principe di Machiavelli, è indubbio che almeno nel suo periodo più maturo il personaggio di Ezio sia stato ispirato dall'opera almeno nei suoi modi di agire e comportarsi, sia in ambito militare sia amministrativo. Una figura spesso indecifrabile e dalle azioni discutibili, dal momento che egli si fa portatore di una morale che però è sempre pronto ad infrangere qualora lo ritenga opportuno. Ezio è un Principe contradditorio ma solenne, proprio per come descritto nell'opera originale. Non possiamo di certo sapere se anche il vero Machiavelli l'avrebbe pensata così, ma a noi basta che questo grande personaggio possa specchiarsi con dignità in un'opera tanto celebrata.



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