GDR E AC - ESPERIMENTO RIUSCITO?
- Connor1991
- 14 nov 2019
- Tempo di lettura: 9 min
Aggiornamento: 26 feb 2021

Come è noto a tutti, in considerazione delle problematiche di apparente arretratezza nell’evoluzione del mondo videoludico sofferte dal franchise nell’arco degli anni precedenti al 2016, quell’anno non uscì alcun capitolo principale di Assassin’s Creed – interrompendo per la prima volta la cadenza annuale. Al fine di offrire ai consumatori un prodotto degno della miglior gamma di videogiochi, Ubisoft decise di posticipare ulteriormente quello che sarebbe stato il cambio radicale della formula di gameplay caratteristica del franchise.
Il 2017 ha visto infatti l’alba di un'impronta molto più orientata al genere action-GDR, la cui struttura di gioco palesemente ispirata al pluripremiato gioco polacco The Witcher 3: Wild Hunt ci ha accompagnato attraverso ben tre epoche: Egitto tolemaico, Grecia antica della guerra peloponnesiaca e infine le espansioni vichinghe nel IX secolo.
Alla luce di queste tre gigantesche avventure, ma presa anche coscienza dei difetti tecnici e narrativi da esse illustrate, è arrivato il momento di rispondere all'interrogativo che ci ha accompagnato per questi lunghi quattro anni: Assassin's Creed può essere un gioco di ruolo? Questo articolo porrà tale quesito come suo argomento principale.

Essendo un franchise che fa della storia il suo punto di forza, gode sicuramente di una certa adattabilità a diverse caratteristiche di gioco, giacché in funzione del periodo storico e della locazione geografica sussistono diverse opzioni di gioco da poter sviluppare: ad esempio un capitolo ambientato nell'Età d'oro della pirateria si presenta sicuramente caratterizzato da forti presenze marittime e navali, mentre la Londra dell'epoca vittoriana apre le porte alla possibilità di sfruttare una gang criminale come supporto per le proprie azioni. Ancora, un gioco ambientato nel corso delle guerre mondiali vedrebbe indubbiamente la presenza di meccaniche da shooter. Deduciamo pertanto che il contesto storico e geografico ha degli influssi importanti sui pilastri fondanti del gameplay: fare una corsa acrobatica nella Parigi rivoluzionaria è molto diverso dall’eseguirla nell’antica Menfi egizia, per le importanti differenze architettoniche che sussistono tra i due luoghi e tempi – motivo per il quale è tornata di grande importanza la scalata in ambienti naturali quali montagne e foreste.
Infine anche la stessa lore rende Assassin’s Creed molto flessibile: impersonare un comune Assassino non è la stessa cosa di impersonare un diretto discendente degli Isu armato di un Frutto dell’Eden; essendo infatti geneticamente più dotato quest'ultimo potrà godere di capacità del tutto sovrumane. Ne deriva quindi che Assassin's Creed per sua stessa natura può virtualmente interfacciarsi a più schemi narrativi e strutture di gioco, e di conseguenza, a più formule di gameplay; è doveroso specificare anche che in virtù di queste considerazioni è difficile che due capitoli della saga siano completamente uguali. Ad ogni modo è evidente che il genere action-GDR ricada proprio tra i possibili schemi del brand.
Seppur non preponderanti, abbiamo già avuto modo di apprezzare alcune meccaniche proprie del genere nei capitoli precedenti: ad esempio la possibilità di poter personalizzare il protagonista cambiando armi e armature, personalizzazione con Unity vide il suo massimo sviluppo. Nel capitolo francese un particolare abbigliamento o una particolare arma presentavano svantaggi e vantaggi, permettendo al giocatore di valorizzare di più il suo approccio personale: ad esempio un particolare abito poteva esaltare lo stealth, mentre un altro aumentava la salute e dunque la durabilità in combattimento. L'avventura di Arno Dorian si pone allora come uno dei primi esempi con i quali Assassin’s Creed mostrò in maniera rimarchevole una tendenza alle caratteristiche tipiche del genere ruolistico.

La stessa idea di voler valorizzare l’approccio del giocatore producendo un gioco che fosse meno guidato possibile, si è ripresentata con forza nella nuova trilogia ruolistica. Infatti le peculiarità ludiche di questo genere come l'albero delle abilità o albero dei talenti nel caso specifico di Valhalla, permettono al giocatore di rendere l'esperienza quanto più conforme possibile al proprio stile di gioco: spendendo i punti acquisiti esplorando la mappa si possono acquistare delle abilità o dei talenti che siano convergenti ad un approccio stealth ad esempio, oppure ad un'inarrestabile capacità di combattimento; tutto in funzione del gusto di chi fruisce del prodotto. Abilità e talenti hanno trovato proprio in Valhalla la loro massima espressione, essendo suddivisi in due alberi completamenti distinti.
In generale possiamo dire che sia il capitolo vichingo sia il suo predecessore greco valorizzano particolarmente questo principio di personalizzazione, accostando ai suddetti alberi anche un corposo ventaglio di armi e armature da applicare al protagonista, ognuna delle quali conferisce bonus e malus volti ad esaltare maggiormente ogni possibile stile di gioco, sia esso focalizzato su uno specifico approccio o volto a bilanciarsi tra questi. Tutto ciò naturalmente non influisce in maniera eccessivamente marcata sulla personalità del protagonista e sulla sua storia, inserendosi anche in un contesto di rispetto verso la lore complessiva del franchise.
Questa forte soggettività si riversa inevitabilmente all’interfaccia con il mondo di gioco, che come da usanza nei GDR si presenta incredibilmente vasto e ricco di attività secondarie. Già dai suoi albori Assassin’s Creed diede molta importanza alle fasi di libera esplorazione: girovagare senza vincolo in un mondo aperto e artisticamente curatissimo, godendo di una ricostruzione storica il più fedele possibile. Anche questo aspetto è stato fortemente sottolineato dalla formula di gameplay proposta in questa nuova trilogia, specialmente grazie all’assenza di una mini-mappa a schermo e alla sua sostituzione con la bussola. Una differenza in apparenza sottile ma che di fatto cambia completamente l’approccio al mondo di gioco, rendendolo più immersivo.

Mondi di gioco tanto grandi devono anche tenersi sul pezzo proponendo ventagli di attività secondarie che non scadano nella ripetitività: se in Origins e in Valhalla non si incorre in tale pericolo, lo stesso non si può dire di Odyssey, il cui continuo riciclo di attività secondarie spinse davvero molti giocatori a lamentare una certa ridondanza nell'esplorare il mondo di gioco. Le suddette attività opzionali si riducevano ad una costante liberazione di fortificazioni militari pressoché tutte uguali tra loro, acquisizione di tesori anch'essi molto simili l'uno con l'altro e qualche tana di animale leggendario sparsa qua e là. Più divertenti seppur altrettanto ripetitive erano le battaglie di conquista legate al Nation System, che permettevano di partecipare a battaglie il cui risultato avrebbe influenzato la guerra tra Atene e Sparta. Neanche una rinnovata componente navale purtroppo sembra essere stata sufficiente ad eliminare il problema.
Contrariamente la possibilità di impegnarsi nei cerchi di pietre o nelle corse con le bighe di Origins, o nelle partire di orlog e risoluzione di enigmi ambientali di Valhalla, riuscivano a rendere l'offerta del mondo di gioco sufficientemente varia da non ricadere nel circolo vizioso della banalità. Il segreto probabilmente è stato anche slegarsi dalle meccaniche di gioco classiche di Assassin's Creed come lo stealth e il combattimento, proponendo attività come la pesca ad esempio. Un corretto bilancio tra grandezza dell’open world e quantità e tipologia di attività secondarie è dunque uno dei primi ostacoli in cui Assassin’s Creed deve incorrere nel suo porsi come un action GDR.
Ma la rivoluzione più grande l’ha sicuramente subita il sistema di combattimento, per anni l'aspetto più criticato dalla stampa specializzata e dal fandom in generale per la sua eccessiva semplicità: la trilogia americana propose l'emulazione del free-flow che fece la fortuna della serie videoludica Batman: Arkham, mentre la duologia degli Iniziati configurò inizialmente un sistema molto realistico e lento, per poi dar gas al motore con Syndicate e le sue velocissime risse stradali. Nessuna di queste tre opzioni incontrò mai il gusto degli appassionati. La nuova spinta action-GDR ha puntato invece su un combattimento più tattico e dinamico, basato sulle hit-box, e le peculiarità dell’arma equipaggiata, quali gittata, velocità e peso. La nuova combinazione di attacco leggero e pesante aumenta sicuramente l'indice di competizione dello scontro, specialmente in Origins dove non è raro trovarsi circondati da una cavalleria intenta a tenere le distanze ed eliminare a suon di frecce il povero Bayek.

Le ruote delle abilità aggiunte in Odyssey e in Valhalla rendono il combattimento ancora più variegato, in quanto agli attacchi in mischia è possibile concatenare le straordinarie capacità della Lancia di Leonida o le risorse vichinghe di Eivor; il risultato è estremamente dinamico ed a tratti cinematografico. La qualità della regia la si vede specialmente nel capitolo norreno, dove frequenti cambi di inquadratura nel momento in cui vengono lanciate delle asce o si decapita un bersaglio tirandolo a sé con il rampino, rendono il tutto ancora più spettacolare. La distinzione tra abilità e talenti in Valhalla affonda ancor più in profondità in termini di varietà del combattimento, in quanto alcuni talenti permettono di sbloccare tecniche combinabili alla mischia anche con l'ausilio di un singolo tasto.
Ad esempio è possibile intercettare al volo un giavellotto e rispedirlo in dietro, pestare un nemico finito a terra e subito dopo attivare un'abilità dall'apposita ruota. In generale, a dispetto di una minore spettacolarità, il combattimento risulta sicuramente di un approccio più semplice ma di una risoluzione più difficoltosa, dimostrandosi anche perfettamente adattabile alla lore del franchise quando si tende un maggiore estro come nel caso di Odyssey, dove gran parte delle abilità di Kassandra derivano dal suo essere un discendente diretto degli Isu armato di Frutto dell'Eden.
Infine lo stealth, componente che nell'integrità della trilogia action-GDR è stata accusata di essere fiacca se non addirittura scomparsa. I capisaldi di questo genere videoludico generalmente non prevedono una simile componente, ma proprio per questo possiamo definire sorprendenti i risultati ottenuti da Assassin's Creed; infatti a dispetto delle suddette dichiarazioni lo stealth, che è un pilastro portante del brand, non viene per nulla sacrificato dal cambio di genere, ma al contrario gli viene donata nuova linfa vitale mediante un comparto di talenti e abilità dedicate, che come abbiamo detto pocanzi sono ulteriormente valorizzabili selezionando un'equipaggiamento consono a questo stile di gioco.

È possibile ad esempio sfruttare delle abilità che siano specifiche per arco e frecce, puntando dunque su un approccio dalla lunga distanza. In Odyssey le diverse abilità della Lancia spezzata di Leonida permettono addirittura di eliminare più nemici contemporaneamente e con una singola azione di gioco. Dalla sua il più recente Valhalla introduce l'utilissima abilità di potersi fingere morti per poi attaccare a sorpresa il malcapitato che si sarà avvicinato troppo al presunto cadavere; il capitolo in salsa vichinga reintroduce peraltro l'uccisione istantanea che nei due capitoli precedenti era stata eliminata per allinearsi al sistema di livelli, che venne però rimosso in Valhalla e sostituito con un sistema di progressione più legato ad un concetto di potere del personaggio. Ma anche nei precedenti capitoli l'uccisione non istantanea di un nemico poteva essere ovviata mediante l'acquisizione di una abilità passiva che potenziasse l'omicidio silenzioso.
Concludiamo con il dire che, da un punto di vista complessivo del gameplay, il genere action-GDR è perfettamente adattabile ad un Assassin’s Creed, in quanto non guasta in nessuna misura quelli che sono i pilastri fondanti della più classica formula ludica del franchise ma si limita a proporli in una veste nuova. Ma al netto di nessuna snaturazione di fondo sussistono anche dei precisi limiti oltre i quali Assassin’s Creed non dovrebbe andare nel contesto dei giochi di ruolo. Questo franchise infatti basa un’altissima percentuale delle sue caratteristiche di gameplay sulla sua componente narrativa e sulla lore: se le abilità sovrannaturali di Kassandra sono giustificabili in termini di gameplay, è solamente perché alle spalle esiste tutta la componente narrativa che la lega agli Isu, per cui il tutto risulta coerente con quelle che sono le regole del franchise stesso. In breve è la narrativa a dettare legge sul gameplay, che si sviluppa sulla base di quest’ultimo.

È Odyssey in particolare a mostrare il limite oltre il quale questo brand non dovrebbe più porsi come gioco di ruolo, giacché il sistema di dialogo a scelta multipla è diretto antagonista di tutta la lore che sussiste dietro l’Animus, che appunto ci permette di rivivere i ricordi di un antenato che si suppone fosse storicamente esistito. Da un punto di vista concettuale allora, essendo fondamentalmente una storia già scritta, non dovrebbe sussistere passibilità di modifica in termini di dialogo, tantomeno per quello che riguarderebbe le azioni compiute dall'antenato. Ma è pur vero che, trattandosi di una macchina atta a creare una simulazione, l’Animus si riserva sempre una percentuale di inattendibilità dei ricordi mostrati - spesso nei documenti si accenna ad un indice di precisione del ricordo proiettato dalla macchina in tre dimensioni. Quale che sia l'eventualità, da quanto abbiamo espresso in precedenza è chiaro che qualunque meccanica si voglia inserire in un Assassin's Creed necessita di una giustificazione narrativa.
Il caso di Odyssey, blandamente giustificato con una scarsa qualità del DNA campione contenente i ricordi di Kassandra, non si inserisce correttamente nel contesto della lore, creando pertanto una discrepanza nella stessa. Fortunatamente una spiegazione coerente venne costruita per Valhalla, capitolo in cui la direzione narrativa seppe contestualizzare adeguatamente sia la scelta del doppio sesso per Eivor sia la possibilità di un dialogo a scelta multipla: essendo infatti un Saggio o comunque una reincarnazione dell'Isu Odino, la drengr norrena era frequentemente soggetta a conflitti interiori tra la sua personalità e quella del dio che fu nella sua vita passata, per cui le scelte multiple in questo caso potrebbero essere dovute proprio alla sovrapposizione caratteriale dei due personaggi chiusi dentro un unico corpo - l'Animus non sarebbe in grado di discernere Eivor da Odino.

La saga del Clan del Corvo presenta inoltre una struttura narrativa ben precisa, studiata per distinguersi in diversi episodi ognuno in una specifica area dell'Inghilterra e della Norvegia, suddividendosi in tre archi narrativi che infine convergono verso un unico finale organico. Contrariamente la struttura narrativa di Odyssey vede tre archi narrativi legarsi fra loro senza alcuna cognizione temporale, e risulta difficile comprendere cosa sia avvenuto prima nella trama e cosa invece sia venuto dopo rispetto ad un determinato evento. Una comparto narrativo molto molto confusionario che sottolinea come, essendo i GDR opere molto longeve e articolate, necessitino di uno sviluppo narrativo solido, capace di mantenersi interessante anche per periodi prolungati, come ad esempio la trama stessa di Origins e Valhalla.
Concludiamo dicendo che Assassin’s Creed può di fatto presentarsi come un gioco a stampo ruolistico, preservando tutte le sue caratteristiche uniche ma sottostando a determinati limiti quali un corretto bilanciamento delle dimensioni del mondo di gioco e l’assenza o al più la contestualizzazione adeguata di elementi tipici del genere come le scelte multiple, che potrebbero cozzare con la lore.
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